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Violenza sugli animali online. Come fare?

Violenza sugli animali

Violenza sugli Animali online. Un  piaga che guadagna terreno anche online. Come fare se ci si imbatte in rete in un contenuto di abuso rivolto ad un animale?
Perché prolificano questi tipi di contenuti sul web?
Proviamo a fare chiarezza con una breve intervista alla nostra co-fondatrice, Avv Sveva Antonini, attivamente impegnata nella tutela degli animali e lotta agli abusi perpetrati online.

 

 

Un fenomeno tutto nuovo: la violenza sugli animali online

Domanda: Cosa possiamo dire sul fenomeno della violenza diffusa in rete con protagonisti gli animali?

Risposta:Fra i nuovi fenomeni di natura illecita che si registrano dall’avvento di internet, vi è sicuramente la diffusione di contenuti audiovisivi con violenze, abusi e maltrattamenti su animali. Purtroppo ad oggi tra i crimini informatici regolamentati non vi rientra alcuna voce a loro tutela.

Dobbiamo tenere conto che ancora nel nostro paese l’animale non è riconosciuto quale essere titolare di diritti. Esso è ancora giuridicamente considerato una res del suo proprietario. Quindi capiamo da questo punto di partenza come una tutela online rivolta agli animali sia ancora molto lontana.

 

Domanda: Ma davvero non esiste giuridicamente alcun tipo di protezione per casi di questo genere? Com’è la situazione nel resto del mondo occidentale?

Risposta: La situazione è complessa, soprattutto in USA, da cui provengono tutte le grandi piattaforme social o strutture informatiche che costituiscono quella che chiamiamo “rete”. La Convenzione sul Cybercrime del Consiglio d’Europa del 2001 è il primo trattato internazionale sulle condotte penalmente rilevanti online.  Per quanto riguarda i reati connessi all’espressione di un’opinione (razzista, omofoba, sessista, ecc…), da tempo si dibatte sul bilanciamento con la libertà di espressione del pensiero. In USA sotto il profilo della libertà di opinione sono permesse cose che spesso in Europa sono vietate. Google, Facebook, Instagram e Twitter sono tutte americane e pertanto necessariamente guidate dalle idee base della tradizione giuridica del loro paese. L’idea made in USA è un po’ quella di tutelare la massima libertà di espressione, ma di qualsiasi opinione. Anche se sessista, razzista o violenta.

In Italia si ritiene che la diffusione di video che mostrino abusi su animali online non sia un tema che possa interessare la libertà di espressione. Si tratta invero di veri e propri illeciti che violano i diritti degli animali ed il sentimento di pietà nei loro confronti. Penalmente tutelato dal capo IX bis del Libro secondo del Codice Penale italiano, dalla Convenzione Europea per la protezione degli animali e dal Trattato di Lisbona.

 

Fermiamo la violenza sugli animali online

Non solo violenza, ma violenza online

Domanda: Come si comportano quindi nella pratica queste leggi a tutela dell’animale?

Risposta: La diffusione di materiale relativo ad abusi contro animali, e che incitano all’emulazione, può essere inquadrata come istigazione a delinquere o apologia di reato. Che ovviamente va oltre all’illecito di aver maltrattato e/o ucciso un animale; è come dire un illecito in più.

Infatti al di là dell’atto di violenza, la diffusione di immagini o video che immortalino l’atto con l’intento di istigare altri a farlo, è una condotta penalmente rilevante.

Ne parla l’articolo 414 del Codice Penale, che recita:

 

chiunque istiga pubblicamente a commettere uno o più reati è punito, per il fatto dell’istigazione con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti; con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni, se l’istigazione concerne pratiche di pedofilia e di pedopornografia; con la reclusione sino a un anno e sei mesi o con la multa sino a seimila euro, se l’istigazione è relativa agli atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.

 

Altro caso è l’apologia di reato, che consiste in una difesa o esaltazione pubblica di fatti o comportamenti illeciti. In questo caso la condotta penalmente rilevante deve avere come scopo quello di influenzare terzi sul fatto che, ad esempio, maltrattare un animale non sia illegale.

I tipi di contenuto audiovisivo violento che vengono immessi in rete sono di vario genere. Si va dai casi senza intento di istigazione, in cui la condivisione ha uno scopo di macabro divertimento, a casi in cui invece la diffusione del materiale viene realizzata con lo specifico scopo di inneggiare ed esaltare l’atto compiuto. Con istigazione a ripeterlo o incoraggiandolo in quanto attività consentita. La vanità qui gioca un ruolo essenziale; il crimine diventa motivo di vanto.

 

Domanda: Come possiamo combattere questo fenomeno? E come si deve comportare un utente che si imbatte in questo tipo di materiali online?

Risposta: Sicuramente la prima arma da usare è quella dell’educazione. È necessario un aumento della consapevolezza e della conoscenza dei vari fenomeni di violenza online già dalla scuola primaria.

Dovrebbe prevedersi un regolamento da diffondersi in tutti gli istituti educativi a vari livelli che informi, metta in guardia, sensibilizzi su cosa è lecito o meno nella rete. Lo schermo del computer viene spesso percepito come uno spazio “altro”, dove non si rischia niente. Infatti in molti casi l’autore di crimini,

con relativa diffusione in rete, non ha neppure coscienza di commettere un reato. La realtà virtuale sembra lontana dalla vita quotidiana, quanto invece è un tutt’uno con essa.

Al di là della diffusione di immagini, sulla specifica violenza su un animale, è solo una questione di educazione. D’altronde la crudeltà fisica su animali è stata inserita dall’OMS fra gli indicatori del “disturbo della condotta” ed è considerata un efficace indicatore di pericolosità sociale.

I Social Network stanno diventando sempre più funzionali a combattere il fenomeno. Con vari aggiornamenti, è ormai sempre più facile segnalare velocemente un qualsiasi contenuto illecito. E le piattaforme sono sempre più veloci nella rimozione di contenuti inappropriati. Al di fuori dei social, ci si può comunque rivolgere alla Polizia postale, anche se questa lavora in ambiti ben prestabiliti e non si occupa della rimozione di qualsiasi tipo di contenuto dalla rete.

 

Il progetto Stop Viral Cruelty di Tutela Digitale e OIPA

Domanda: In cosa consiste il progetto avviato da Tutela Digitale e OIPAStop viral cruelty?

Risposta: Si tratta di un progetto ambizioso e a cui tengo moltissimo. Il team di Tutela Digitale ha stretto orami da tempo un accordo con OIPA Italia Onlus, Organizzazione Internazionale Protezione Animali. L’obiettivo è quello di fornire uno strumento rapido ed efficiente per segnalare ed eliminare dal Web video, immagini che contengano abusi e maltrattamenti di animali.

Il processo si articola in tre fasi consecutive:

  1. segnalazione del video contenente il supposto abuso nella sezione dedicata del sito OIPA;
  2. accertamento da parte di OIPA che si tratti di un maltrattamento;
  3. attivazione da parte di Tutela Digitale della procedura di rimozione.

Contestualmente Tutela Digitale fornisce ad OIPA una relazione tecnica che testimonia la presenza del contenuto di violenza sugli animali online prima che venga rimosso, affinché quest’ultima possa procedere per le vie giudiziarie al fine di identificare il colpevole.

Il progetto si propone di rispondere a una sempre maggior domanda di regolamentazione specifica sul controllo delle pubblicazioni di contenuti online.Sveva Antonini

Con questo processo abbiamo voluto creare un servizio concreto per consentire ad ogni singolo utente del Web di agire privatamente e con rapidità nel momento in cui dovesse imbattersi in immagini o video ritraenti animali maltrattati e di verificare, a fini statistici, su quali siti e piattaforme online circolino questo tipo di contenuti illegali.

Il progetto ha avuto inizio nel 2017 e sono stati rimossi con successo oltre il 70% dei contenuti segnalati (per lo più video, pagine Facebook e foto).

Il tempo di rimozione è stato all’incirca di due settimane a contenuto, in certi casi è stato necessario sollecitare il Social Network più volte o procedere alla segnalazione congiunta da più profili del medesimo contenuto.

In ogni caso il team del servizio “Stop Viral Cruelty” analizza i casi segnalati in modo da verificare se sussistano i presupposti necessari per la eliminazione.

Il servizio è gratuito ed è pertanto possibile segnalare ogni contenuto a questo link.

Simonluca Renda

Simonluca Renda

Simonluca Renda è Communication Specialist e collabora da diversi anni con Tutela Digitale curandone la comunicazione on ed off line. Scrive sul Journal di Tutela Digitale dal 2018.

Simonluca Renda

Simonluca Renda è Communication Specialist e collabora da diversi anni con Tutela Digitale curandone la comunicazione on ed off line. Scrive sul Journal di Tutela Digitale dal 2018.
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