Eliminare o de-indicizzare. Abbiamo parlato diverse volte di come si possa agire sulle notizie pubblicate on-line grazie al Diritto all’Oblio. Questo diritto fondamentale, che permette la rimozione di notizie dal web qualora non fossero più di interesse pubblico, è la nostra arma migliore. Infatti è grazie ad esso che link lesivi della reputazione possono essere eliminati. Tuttavia questa non è l’unica strada percorribile. A dimostrarlo una recente sentenza del Tribunale di Milano, parte di un caso curioso ed intricato.
Garante della Privacy e tribunale
I fatti che stiamo per raccontarvi prendono vita nel 2017, quando un cittadino italiano, residente all’estero e che chiameremo B.B, si rivolse al Garante della Privacy italiano. Esistevano infatti nel web articoli che gli attribuivano opere di diffamazione nei confronti di docenti, università, studenti ecc…
L’accusa era quella di pubblicare queste diffamazioni tramite il sito da lui gestito. Tuttavia chi lo accusava non entrava nel merito. B.B contestava dunque la falsità di queste imputazioni, perché generiche e senza fondamento.
Il Garante della Privacy accolse la richiesta di deindicizzazione globale (quindi anche in Usa) degli articoli che lo accusavano.
Il provvedimento però, è stato successivamente impugnato da Google avanti al Tribunale di Milano.
Notizie inesatte da de-indicizzare
Facciamo un passo indietro. Quando parliamo di Diritto all’Oblio parliamo di quel diritto a “Venire dimenticati” dal web. Questo si applica quando una vicenda non corrisponde più al diritto di cronaca, generalmente perché passato abbastanza tempo affinché i fatti tornino ad essere di carattere privato.
Con la sentenza n. 7846 del 5 settembre 2018, nata dall’opposizione di Google alla scelta del Garante, il Tribunale di Milano ha puntualizzato qualcosa di importante. Secondo il Tribunale infatti il ragionamento del Garante della Privacy era stato giusto e corretto. Il diritto alla de-indicizzazione esiste anche rispetto a notizie inesatte, anche se non è trascorso il lasso di tempo necessario a de-indicizzarle perché non più di interesse pubblico. Insomma, non è applicabile solo il Diritto all’Oblio per de-indicizzare un link, ma anche una notizia incorretta può subire lo stesso trattamento, anche se ancora di interesse pubblico.
Queste esternazioni sono chiare e al tempo stesso rivoluzionarie. Anche senza il Diritto all’Oblio è dunque possibile richiedere la de-indicizzazione di notizie che risultino false o non aggiornate.
Lo strano caso prosegue…
Al di là di questa importante puntualizzazione, il caso di B.B. ha dei risvolti inattesi. È infatti emerso che gli articoli contro di lui, ormai de-indicizzati, fossero corretti, aggiornati e meritevoli di interesse pubblico. Infatti controllando in seguito le informazioni contestate come false erano invece corrette. Inoltre B.B. era candidato alle elezioni come rappresentante degli italiani all’estero e quindi andava riconosciuto come personaggio pubblico.
In sintesi, il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso di Google perché gli articoli che accusavano B.B. erano corretti, ma questo emerse successivamente alla pronuncia del Garante. Il cittadino era infatti stato oggetto di alcune inchieste giornalistiche essendosi candidato quale rappresentante degli italiani all’estero. Non solo le accuse su di lui erano fondate, ma avevano anche senso di essere divulgate in quanto personaggi pubblico.
In sintesi…
Il cittadino ha perso la causa contro Google. Tuttavia quanto è emerso dall’interpretazione del Garante, poi confermata dal Tribunale di Milano, è molto importante. Una notizia inesatta o non aggiornata può essere de-indicizzata nell’immediato, senza attendere le tempistiche imposte dal Diritto all’Oblio.