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Diritto All’Oblio VS Diritto di Cronaca: novità in arrivo

Diritto all'Oblio Vs Diritto di Cronaca

Più volte abbiamo parlato di Diritto all’Oblio e della sua connessione con il Diritto di Cronaca.
L’argomento rimane spinoso e, in diversi casi, di difficile interpretazione. Una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (la n.19681/19 del 22 luglio 2019), ha cercato di delimitare questo confine, rendendolo più chiaro. Cerchiamo di fare chiarezza.

Qual è la linea di confine tra il diritto di cronaca e il diritto all’oblio?

Quando un giornalista pubblica nuovamente una notizia già pubblicata in passato, non sta esercitando il diritto di cronaca. Infatti la notizia che in passato aveva rilevanza per la collettività, potrebbe non averne più passato un certo periodo di tempo. A quel punto, stabilisce la sentenza, il giornalista sta esercitando un diritto diverso, ovvero il diritto alla Rievocazione storica.

Ovviamente si parla di Diritto di Cronaca se su quella vecchia vicenda, ripubblicata, intervengono elementi nuovi e che quindi sono sì di interesse pubblico. Questi infatti possano giustificare il ritorno all’attualità della notizia. Ma solo in questo caso. Tornare a diffondere una vicenda del passato è oggi definita attività storiografica, la quale è pur molto importante, ma non gode dei “plus” costituzionali di cui gode il Diritto di Cronaca.

Diritto di CronacaPuò questo influenzare la linea editoriale di un quotidiano?

La scelta di una linea editoriale di un quotidiano o di qualsiasi mezzo stampa è una delle forme in cui si manifesta la libertà di stampa. La decisione di un giornale di procedere alla rievocazione storica di fatti ritenuti importanti in un determinato contesto non può essere messa in discussione da nessuno. Ciò che va invece verificato da chi di dovere è se sussista l’interesse pubblico affinché venga diffusa quella notizia con riferimenti precisi al protagonista della stessa. L’identificazione personale, di cui è importante la conoscenza quando il fatto è appena avvenuto e attuale, diventa spesso irrilevante passato un certo periodo di tempo. Anche quando si parla di fatti di una certa gravità. Conoscere il nome e cognome di un certo soggetto le cui vicende sono avvenute dieci anni prima, ad esempio, non ha rilevanza. Il fatto in sé, invece, sì.

Il diritto ad informare non equivale al diritto a nuova e ripetuta diffusione di dati personali.

In Conclusione

Il trascorrere del tempo modifica l’equilibrio dei diritti fra la riservatezza e la cronaca.
Su un fatto recente di una certa gravità verrà considerato più pressante il diritto di informare la collettività rispetto alla riservatezza del protagonista di quella vicenda. Anni dopo però quello stesso protagonista può eccome esercitare la richiesta di riservatezza. I suoi dati personali non dovrebbero essere nuovamente diffusi anche qualora venga deciso di raccontare nuovamente la sua storia, esercitando il diritto alla storiografia.

La sentenza della Suprema Corte di Cassazione spiega proprio questo: quando una notizia del passato a suo tempo diffusa nel legittimo esercizio del diritto di cronaca, venga nuovamente diffusa a distanza di tempo, l’attività svolta dal giornalista riveste un carattere storiografico. Per cui il diritto del protagonista della vicenda al mantenimento dell’anonimato è prevalente, a meno che non sussista un rinnovato interesse pubblico ai fatti.

Simonluca Renda

Simonluca Renda

Simonluca Renda è Communication Specialist e collabora da diversi anni con Tutela Digitale curandone la comunicazione on ed off line. Scrive sul Journal di Tutela Digitale dal 2018.

Simonluca Renda

Simonluca Renda è Communication Specialist e collabora da diversi anni con Tutela Digitale curandone la comunicazione on ed off line. Scrive sul Journal di Tutela Digitale dal 2018.
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