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Cyberbullismo sessuale: quando in rete il corpo diventa un bersaglio

Tutela Digitale | Cyberbullismo sessuale

Intimità violate, odio di genere, sessismo, malcostume: sono questi e molti altri gli aspetti che emergono dall’analisi del fenomeno del cyberbullismo sessuale, un insieme di comportamenti in rete che, con le pratiche diffamatorie diffuse sui social network, condivide la ferocia contro le vittime designate, ma che colpisce in particolare le donne, riducendole a un corpo oggetto di attenzioni esplicite, sgradite, talvolta particolarmente violente.
Quello del cyberbullismo è un fenomeno in crescita, così come è in crescita l’attenzione al tema da parte
delle famiglie e delle istituzioni: il 4 febbraio scorso, infatti, si è celebrata la 1ª Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo a scuola promossa dal Ministero dell’Istruzione, mentre da tempo un’alta
carica dello Stato come il Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini si batte per portare il tema al centro del dibattito pubblico e per promuovere una legge che introduca reati specifici e difenda le vittime. Legge che pare in dirittura d’arrivo: approvata in terza lettura dal Senato il 31 gennaio scorso, il ddl sul cyberbullismo approda ora alla Camera per una auspicata rapida approvazione.
Mentre l’iter di una legge per il contrasto a questo fenomeno fa il suo corso, le cronache riportano sempre più
frequentemente notizie riguardanti l’utilizzo volgare e inappropriato che molti utenti fanno dei social network e di altre piattaforme nei confronti delle donne. Alcune inchieste giornalistiche hanno svelato una galassia di gruppi su Facebook dove circolano – corredate da commenti oltraggiosi e sessisti – immagini di donne diffuse, a loro insaputa, da uomini che per divertimento le offrono agli sfoghi digitali di altri uomini.

Sexting, bullismo sessuale e adolescenti

Spesso queste immagini sono reperite proprio sulla piattaforma social più popolare del mondo e ripostate all’interno di questi gruppi chiusi, al riparo dalle indiscrezioni – e dalle denunce – di chi non vi è iscritto, oppure possono essere scatti “rubati” per strada o in luoghi pubblici che ritraggono donne completamente ignare. Tuttavia il materiale più ambito dai frequentatori di questi gruppi è quello proveniente dalla pratica del sexting, ovvero la condivisione di immagini e video a contenuto sessuale effettuata tramite piattaforme digitali come ad esempio WhatsApp. Una pratica privata e intima che su alcuni gruppi viene resa “pubblica”, attirando le attenzioni morbose di sconosciuti e commenti offensivi.
Quello del sexting è un fenomeno che riguarda sempre più anche gli adolescenti, se è vero che 1 su 4 in quella fascia di età lo ha praticato almeno una volta e che nel 2016 il fenomeno è aumentato dell’8%. In particolare il 4% dichiara di “aver fatto sesso” inviando foto e video su WhatsApp, sui social network oppure telefonicamente; il 6,5% ha fatto sexting e il 2% ha fatto sesso davanti ad una webcam; il 10%, poi, ha scattato selfie intimi.
La circolazione incontrollata di questi contenuti diventa, come spesso raccontano le cronache, il punto di partenza per atti di cyberbullismo sessuale sempre più frequenti fra i giovanissimi, con conseguenze gravi dal punto di vista psicologico, dell’autostima e dello stress emotivo.

Come difendersi dal cyberbullismo sessuale: gli strumenti legali

Attualmente, il Codice della Privacy individua già come un reato la pubblicazione senza consenso di dati sensibili – come ad esempio una fotografia – e prevede di punirlo con la reclusione da uno a sei mesi, ma il ddl attualmente in discussione in Parlamento sarebbe un netto passo in avanti nella lotta al fenomeno, specialmente tra i più giovani.
Innanzitutto perché lo individua con una definizione giuridica precisa, per la quale il cyberbullismo è «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo». In questa definizione rientrano dunque a pieno titolo anche tutti gli atti di cyberbullismo sessuale.
Inoltre il ddl prevede alcuni strumenti utilizzabili dalle vittime di cyberbullismo, come la possibilità per un minorenne (anche senza che il genitore lo sappia) di richiedere direttamente al gestore del sito l’oscuramento o la rimozione dei contenuti aggressivi o denigratori nei suoi confronti. Nel caso in cui il gestore ignori l’allarme, la vittima (con l’assistenza del genitore, che a questo punto deve essere informato) potrà rivolgersi al Garante per la Privacy che entro 48 ore dovrà predisporre un intervento.

Rimuovere e de-indicizzare i contenuti: rivolgiti a Tutela Digitale

Un efficace strumento per difendersi è quello della rimozione del contenuto lesivo o, quando non sia possibile, almeno la deindicizzazione dello stesso, affinché non venga trovato immediatamente fra i primi risultati della ricerca Google digitando ad esempio il nome e cognome della persona interessata.
Queste procedure hanno il pregio di andare oltre la difesa immediata e la denuncia di atti di cyberbullismo e di essere un vero investimento sul futuro: rimuovere o deindicizzare un contenuto azzera o diminuisce sensibilmente le possibilità che questo possa riemergere un domani o essere successivamente riutilizzato sempre in chiave diffamatoria o lesiva della dignità.
Noi di Tutela Digitale proponiamo un servizio di rimozione e de-indicizzazione di contenuti, nei limiti ovviamente stabiliti dalla legge, altamente specializzato. Grazie infatti ad accordi con ISP (Internet Service Provider), nonché la conoscenza delle violazioni a cui il web è più suscettibile e delle forme e corrette modalità attraverso cui ottenere una rimozione, otteniamo spesso un risultato immediato. Inoltre collaboriamo con la Polizia Postale per la ricerca del responsabile e facciamo formazione dei giovani nelle scuole formando i ragazzi sui pericoli del web e a cosa stare attenti per evitare di diventare oggetto di fenomeni quali il cyberbullsimo sessuale.

Simonluca Renda

Simonluca Renda

Simonluca Renda è Communication Specialist e collabora da diversi anni con Tutela Digitale curandone la comunicazione on ed off line. Scrive sul Journal di Tutela Digitale dal 2018.

Simonluca Renda

Simonluca Renda è Communication Specialist e collabora da diversi anni con Tutela Digitale curandone la comunicazione on ed off line. Scrive sul Journal di Tutela Digitale dal 2018.
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